Diritto Inglese: la Supreme Court su il licenziamento nel Regno Unito | Coppolaw
La Supreme Court del Regno Unito si è pronunciata su i motivi di licenziamento nel Regno Unito e in particolare quando il motivo del licenziamento è diverso da quello che viene contestato.
Approfondimento sulla sentenza della Suprema Corte di Inghilterra in materia di licenziamento nel Regno Unito.
Il licenziamento nel Regno Unito da sempre è stato oggetto di molte pronunce giurisprudenziali, in questo articolo ci soffermeremo su una pronuncia della Supreme Court inglese.
Il ricorso in oggetto riguardava il licenziamento nel Regno Unito della sig.ra J.,da parte del suo datore di lavoro, una Company.
La questione fondamentale di diritto inglese affrontata dalla Supreme Court riguardava, in particolare, una richiesta di licenziamento senza giusta causa ai sensi della Parte X dell’Employment Rights Act 1996.
La questione di diritto inglese su cui sono stati invitati a decidere i Giudici della Supreme Court si basava sul fatto se il motivo del licenziamento poteva essere diverso da quello indicato al dipendente al momento dell’interruzione del rapporto di lavoro.
In sostanza è possibile licenziare un dipendente per un motivo diverso da quello che gli è stato contestato?
Nel caso di specie, durante il periodo di prova la ricorrente aveva divulgato all’esterno delle informazioni riservate senza l’autorizzazione datore di lavoro.
La Company, subito dopo, procedette al licenziamento della dipendente sull’assunto che la sua prestazione fosse inadeguata, sostenendo che le performances della dipendente fossero scadenti, sebbene questo fatto non corrispondesse a verità. Infatti la dipendente sosteneva che questo era il motivo fittizio del licenziamento dal momento che il motivo reale fosse la divulgazione delle informazioni.
La società, sospese il licenziamento, e avviò una indagine e nominò un terzo esterno per verificare se il licenziamento fosse regolare e quindi legittimo conformemente alla disciplina su il licenziamento nel Regno Unito.
Nel frattempo la ricorrente maturava ansia, stress e depressione e non presentò. per l’effetto, la propria memoria di opposizione al terzo per contestare l’illegittimità del licenziamento. Dunque il terzo decise sulla base del motivo ritenuto “fittizio” dalla lavoratrice.
Non avendo motivo di dubitare della veridicità degli elementi sostenuti dal datore di lavoro stante anche la mancata opposizione della dipendente il terzo confermò la legittimità del licenziamento.
Tuttavia la signora J. impugnava in Corte il provvedimento di licenziamento.
La signora J. contestava l’illegittimità del licenziamento ai sensi della sezione 103A, che prevede che un licenziamento è ingiusto “se il motivo del licenziamento nel Regno Unito si basa su una divulgazione protetta da parte del lavoratore” cosa che lei aveva effettivamente fatto e che lei riteneva essere la vera causa del licenziamento.
Il tribunale respingeva questa doglianza sostenendo che lei fosse stata licenziata sulla base della convinzione genuina che la sua prestazione fosse stata ritenuta inadeguata e dunque il motivo del licenziamento era la sua prestazione e quindi la sezione 103A non era applicabile in quanto non era la divulgazione il motivo del licenziamento.
Viceversa, l’Employment Appeal Tribunal (“l’EAT”) ha annullato questa decisione, ritenendo che il motivo del licenziamento fosse la divulgazione delle informazioni protette.
Dunque il motivo ritenuto “reale” dalla lavoratrice prevaleva su quello fittizio secondo l’EAT.
La Corte d’Appello, di contro, accoglieva l’appello della società contro la decisione dell’EAT ripristinando la decisione confermata in primo grado dal Tribunale del Lavoro.
La signora J presentava ricorso alla Corte Suprema.
GIUDIZIO
La Supreme Court accoglieva all’unanimità il ricorso, annullando la parte dell’ordinanza della Corte d’Appello che accoglieva il ricorso della società contro l’ordinanza dell’EAT.
MOTIVI DELLA SENTENZA
La questione oggetto della valutazione della Corte era stabile se il tribunale avesse correttamente individuato “il motivo del licenziamento”
Quindi ritornava il conflitto fra motivo reale e fittizio.
Quando il superiore gerarchico di un dipendente nasconde il motivo reale dietro un motivo fittizio, quest’ultimo deve essere assunto come motivo di licenziamento purché adottato in buona fede dal decisore. In sostanza è necessario che il terzo non sia a conoscenza dell’altro motivo.
In passato altre decisioni in tal senso erano state prese nel caso Orr v Milton Keynes Council [2011] EWCA Civ 62, [2011] ICR 704 (“Orr”), in cui si riteneva che dovesse essere attribuita solo la conoscenza del decisore al datore di lavoro ai fini dell’articolo 98.
Dunque ciò che rileva è la buona fede del decisore, in questo caso del terzo incaricato dalla Company nel decidere la legittimità del licenziamento.
Quindi in caso di licenziamento nel Regno Unito rimesso alla valutazione di un terzo incaricato, la Corte dovrà, in primo luogo, accertarsi dell’elemento soggettivo del decisore e verificare se questo conosceva la dicotomia fra i due motivi, quello effettivo e quello presunto reale.
Ma ciò non basta, infatti, in secondo luogo, nel ricercare il motivo di un licenziamento, laddove emerga che la vera ragione è nascosta al decisore dietro una motivazione fittizia si riterrà come causa del licenziamento quella nascosto e non quello dichiarata.
Questa, in sintesi, il fondamento alla base della sentenza della Supreme Court su il licenziamento nel Regno Unito.
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Avv.Giuseppe Coppola | Avvocato a Londra | Coppolaw
