Commento a cura dell’avv.Giuseppe Coppola – Coppola Studio Legale
Investire nella City è spesso un buon affare e non a caso è sempre crescente il numero degli italiani che decide di espandere o avviare il proprio business a Londra, sia costituendo una nuova società, sia rilevandone una già esistente.
In quest’ultimo caso è utile sapere che le questioni legali legate ai contratti di compravendita possono andare ben oltre il closing.
Infatti, chi investe in UK è bene che si tuteli inserendo nel contratto di compravendita talune clausole limitative, conosciute in Inghilterra col termine di Restrictve Covenants, per ottimizzare il proprio investimento.
Dette clausole possono riguardare sia la controparte che vende che i dipendenti dell’impresa che si acquista.
Nel primo caso si ricorre alle predette clausole al fine di impedire a chi vende le proprie quote di intraprendere determinate attività post vendita in concorrenza con chi acquista; la ratio di questa clausola è facilmente intuibile dal momento che l’acquirente di un’attività ha interesse a proteggere il proprio investimento ed infatti le Corti Inglesi valutano positivamente detti accordi in quanto sono un incentivo all’investimento e quindi al commercio.
Come sopra descritto, i patti limitativi possono avere come destinatari anche i dipendenti i quali non possono per un certo periodo prestare la propria attività in favore di un concorrente; tuttavia, in questa ipotesi l’approccio del Giudice nel valutare detta clausola, è diverso in quanto il suo contenuto potrebbe limitare il mercato del lavoro.
In tal senso vi sono dei principi giurisprudenziali che assumono il ruolo di guida nella valutazione di queste clausole.
Tra questi emerge quello pronunciato nel caso Herbert Morris Ltd v Saxelby secondo cui la Corte riconoscerà come vincolante un patto restrittivo solo se teso a proteggere un legittimo interesse commerciale e purché non si estenda oltre il ragionevole limite necessario per proteggere tale interesse.
Da ciò si comprende che alla base di detta valutazione deve esserci un’attenta azione interpretativa del Giudice; di recente, tra l’altro, le Corti britanniche, nel valutare detti patti, hanno assunto un approccio teso più a valorizzare l’intenzione della clausola che il suo dato letterale, si veda in tal senso il caso TFS Derivatives Ltd contro Morgan secondo cui il patto restrittivo va interpretato secondo il dato intenzionale.
In detto “case” è stato altresì statuito che spetta all’imprenditore giustificare come ragionevole, sia nell’interesse delle parti che del pubblico, qualsiasi clausola limitativa che incida sul rapporto con un dipendente nonché dimostrare di avere un interesse commerciale legittimo da tutelare; sarà, invece, la Corte ad esaminare il vero significato delle parole utilizzate nel contratto, valutando sia l’intenzione che la necessaria ragionevolezza della protezione degli interessi dell’azienda.
E’ chiaro che detti accordi devono essere espressamente incluse nei contratti e sarebbe ideale che siano stilate in modo chiaro e non equivoco, tale da non generare dubbi interpretativi, sebbene la realtà dimostra che, spesso, queste siano ambigue o comunque eccedenti i limiti previsti.
Pubblicato su Il Sole 24 Ore
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